N.30 Il Senso della Vita
IL SENSO DELLA VITA
Ogni incontro crea una relazione, un percorso di reciprocità. Quando in un rapporto ci si avvicina al punto in cui si comincia a rinfacciarsi le cose, ad accusare e a disegnare una persona per come la si vede perché è così che la si vuol vedere e non per come sia realmente perché nessuno sa realmente come è un altro, bisogna porsi una domanda: perché?
Una risposta sensata comporta la capacità di voler e saper comprendere l’identità altrui non per accettarla passivamente ma per sentirsene coinvolti, partecipi, presenti, questo indipendentemente dal vedersi automaticamente accettati, o veder coinvolto o partecipe l’altro come vogliamo.
Cioè “vivere insieme” non deve mai essere un confronto che rischia cosi di trasformarsi naturalmente in un ricatto dal quale non se ne esce se non con la distruzione assoluta del proprio e dell’altrui passato, cioè di ciò che si è vissuto, che è la sola cosa da difendere, soprattutto quel che si è vissuto insieme. Perché distruggere un passato insieme significa “negare la vita”, significa mortificare in modo indegno il dono di una condizione, di una possibilità che Dio, o chi per esso, ha permesso ad ognuno.
Basta guardare dietro di noi una qualsiasi realtà meno fortunata o davanti a noi quelle che sembrano più fortunate per capire quanto ciò che abbiamo, la nostra vita, sia una cosa meravigliosa che non cambieresti mai con nessun altro, anche quando, per un istante di inutile rabbia o di incomprensione, puoi pensarlo.
Perché? Perché il senso della vita è la scelta.
L’amore ad esempio diventa un percorso ostile se non ha la scelta come meta comune, meta che non è un ideale, un “come dovrebbe essere” o un “come vorrei che fosse” ma è il continuo rispetto delle reciproche scelte fatte di volta in volta vivendo le cose insieme. Scelte che non hanno l’obbligo di camminare di pari passo perché gli esseri umani sono diversi e per fortuna comunque liberi di scegliere anche diversamente dalle regole che altri esseri umani per convenzione hanno predisposto. La libertà però non significa “fare ciò che mi piace” ma farlo nel rispetto non di regole ma di scelte che non sono necessariamente corrispondenti ma decise d’esser vissute insieme. Ecco perché si parla di unione nel bene e nel male, ecco perché non deve mai esistere che uno debba essere o fare ciò che l’altro vuole ma è l’accompagnamento reciproco delle volontà, non necessariamente identiche e conformi, non neces- sariamente convergenti, non necessariamente corrispondenti ma assolutamente sempre comprese, perché diventano comuni. La comprensione comporta la presenza reciproca in ogni circostanza, non obbligata né presupposta ma affrontata nella certezza della volontà di voler comprendere ogni scelta, dalla più piccola alla più grande: questo da senso alla esperienza unica del tempo dell’esistenza vissuta insieme.
Guai a misurare, guai a giudicare, guai a confrontare. Oltre alla amarezza, da ogni contrasto non resta niente, non produce niente, non porta a niente.
Ogni vera scelta è sempre una libertà che non limita la libertà propria o altrui di essere ma la determina. Non la circoscrive ma la dilata. E una scelta di vita insieme o è immensa, uno spazio senza limiti vissuto nella comprensione di singoli passi che si riverberano nei passi comuni oppure è un errore.
Constatarlo atterrisce anche perché significa che uno dei due ha barato.
Ecco la sola accusa permessa ma bisogna ricordarsi che il peggiore errore possibile è credere di averlo commesso. L’amore vero infatti non si restituisce, si da e basta, senza compromessi.
E quando si sbaglia, proprio quell’errore si paga rispettando le scelte altrui, lasciando che sia la libertà, e non la condizione del momento, l’elemento naturale delle cose.
PATRIZIO RANIERI CIU © FABBRICAWOJTYLA 2021
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