N.54 Dio Patria e Famiglia
DIO PATRIA E FAMIGLIA
Dal diritto di essere al dovere di essere
La dimensione temporale del nostro vivere, la relazione tra passato, presente e futuro, perde sempre più consistenza per lasciar posto ad una costante di momentanea necessità che si traduce in convenienza diretta o indiretta, in valutazione di interesse che è causa prima di tutti i nostri comportamenti. Questo ci rende schiavi delle occasioni e dipendenti dalle manipolazioni dei diversi contesti di una società.
Si entra così nel vortice del “vivente” che, come un mare agitato, mette a dura prova la conduzione delle nostre esistenze spesso in balia assoluta degli eventi stessi del vivere.
Eppure ci sono dei concetti essenziali che, se coscientemente perseguiti, permetterebbero una gestione funzionale della vita persino in circostanze di navigazione a vista e che invece, trascurati, vituperati e circoscritti temporalmente persino come obsoleti, diventano limitanti di ogni capacità di prendere in mano il timone di questa nostra comune ed unica esperienza che è l’esistenza.
Prendiamo ad esempio quella sintesi Dio Patria e Famiglia, dove le parole del motto del determinismo fascista si identificano in modo più ampio nei concetti di religione, politica e relazione umana per dilatarsi oltre gli stessi confini delle loro definizioni permettendo poi più che giustamente qualsiasi altra loro libera interpretazione: da una parte di esprimersi nei modi e termini corrispondenti alla nostra sempre più aperta, estrema e variegata diversità quotidiana e iperdigitale ma, dall’altra, anche di condizionare i nostri comportamenti che diventano mera applicazione appagante d’essere, svuotando cioè le nostre volontà al punto tale da annullare il valore delle mete delle stesse.
Così è nata la vita amorfa, quella confezionata in serie per generazioni che, pur se definite “future”, ci coinvolgono tutti affinché il nulla venga eliminato come reattivo paragone negativo della memoria per divenire reale costante di un “quotidiano” sempre più virtuale che ha trasformato le più profonde ed intime emozioni di una volta in effetti speciali prodotti solo all’esterno di noi stessi.
DIO
Ammettiamo che l’esistenza di un Dio che ci attende, la “trovata vincente” della religione cattolica a detta di Galimberti, e che ci dispone speranzosi alla promessa di una futura vita dopo la vita sia un grande inganno. Dobbiamo però renderci conto che la morte di Dio annunciata da Nietzsche, cioè il crollo ideale della possibilità di un “dio cosciente” e quindi di una altra vita seguente, ha spento capacità vitali come il coraggio o l’entusiasmo. Concetti cioè che in ogni azione ci determinano a muovere passi al fine di un cammino che magari è invenzione pura ma anche “meravigliosa” fosse solo per la sua funzione di motivazione esistenziale di induzione alle virtù, all’arte, alla bellezza come opzione comportamentale trasmettibile, magari anche per semplice emulazione, nella vita.
Questo di fatto, nella pochezza della nostra dimensione intellettuale, è e resta il contraltare che si oppone alla elegia del vuoto, assoluto dominatore della attuale condizione dell’umanità. La stessa libertà terrena dunque, conquista acquisita dalla captazione di una falsa narrazione del contesto religioso, è divenuta pretesa, limite passivo. Un condizionamento alla inattività ed alla limitazione di ogni singolo passo fatto come misero fine a sé stesso per mancanza di senso di visione del cammino.
Conclusione: Dio allora, che esista o meno, resta concreto sinonimo di un Credo laddove credere è, coscientemente, non un risultato atteso ma una opportunità di approccio ad ogni azione reale che qualifichi il nostro attraversamento dell’arco della vita.
PATRIA
La Patria è comunità, appartenenza.
Ma quale identità dobbiamo davvero darle se non il suo sviluppo assoluto e cioè la cancellazione della concezione statica di ogni sua attualità nel tempo? La nazione chiusa è una scialba attuale consistenza che ne limita, delineandoli, tutti i confini impedendoci quel “fratelli tutti” del Santo Padre, intento di messaggio nell’ecologia integrale del laudato si’ che coinvolga ogni risorsa, luogo e persona in una unità assolutamente unica che abbracci e riconosca indistintamente ogni singola unità umana come propria.
Ecologie integrate di uomini e natura.
La storia delle “patrie” del mondo contiene per tutte indistintamente uno stesso intento: il benessere di una comunità. Ebbene basterebbe che il concetto di Patria si dilati e si sviluppi in modo tale che comunità proprie e territoriali passino a diventare la assoluta e unica comunità di tutti gli esseri umani. Tutti, i diversi, i deboli, i forti, le donne, i bambini, i vecchi. Senza più alcuna distinzione nel rispetto assoluto di ogni distinzione. Non è ossimoro o retorica ma possibile conquista reale di consapevolezza intellettuale. Non è il fine da raggiungere ma la motivazione cosciente dell’origine, il solo intento reale che tutto muove: la conoscenza.
FAMIGLIA
Facciamo figli. Pensiamo.
Veniamo al mondo o per una serie di fortuite circostanze o di volontà congiunte di coppia: questo potrebbe già fare la differenza? Sì, se lo sappiamo.
La conoscenza della origine permette la misura della dimensione iniziale che, una volta nota, alimenta il percorso identitario, definisce la personalità e pone le basi per una sua futuribilità espansa.
Viceversa una esistenza priva di conoscenza di una nostra storia iniziale è causa di un percorso comunque confuso, privo di volontà definibili che accentuano la incertezza degli obiettivi ed il disinteresse con la predisposizione all’egoismo. Un egoismo di diretta difesa di un ego incosciente che ci blinda così nella nostra casa, nel nostro condominio, nella nostra strada, nella nostra città, nella nostra nazione… così che ogni altro è solo intrusione, contrasto, limite, pericolo. Nemico.
Ogni storia invece dovrebbe e deve esistere, deve diventare importante. Questo dalla nascita.
Come? Qui entra l’arte. L’arte è sensibilità di trasfusione dell’esistente allo stato puro. L’arte è visione di sorgente. Arte è ogni storia. Dipenderà dall’intento della sua narrazione. Questo perché una narrazione priva di intento, una narrazione che si misura in ricavi contabili non sarà mai arte.
Facciamo dunque figli, la Famiglia.
Qual è il passo che deve mutare? Esserne coscienti. Aver coscienza dell’intento.
Recuperare la parte sana delle funzioni date ai ruoli ed alle regole acquisite nel corso dei secoli genera quella dignità dell’umano che non limita la libertà di essere, anzi la consolida attraverso il rispetto delle reciproche esistenze che tali divengono se restituiamo all’origine il suo ruolo primario di radice che produce poi reali frutti. Ecco, ritorna l’intento, l’intento che non può che essere cosciente.
L’universo intero, così come la natura e tutti gli esseri animati che vivono sul nostro pianeta sono, esistono come sono, seguendo un codice assoluto che li rende reali essenze radicate con causa e fine definiti e certi. Percepire che l’uomo è il solo essere vivente che si “rappresenta” e che quindi può mutare la sua origine in funzione di una voluta diversità di intenti rende l’umano straordinario e nello stesso tempo vittima assoluta di questa sua straordinarietà. Una proprietà singolare che, nel corso dei secoli, abbiamo travisato modificando la nostra naturale propensione a vivere in una “rappresentazione costante dell’essere”, condannandoci tutti a vincoli di relazione sempre meno qualificanti che creano falsi miti o carnefici redenti ma, di fatto, tutti vittime, cioè irreali volontà così congiunte in una unica volontà risultante: quella della finzione. E, in quanto vittime, tutti aventi diritto al risarcimento quotidiano del diritto di essere svogliati, privi di autentico entusiasmo, quello che parte dal cuore, creando invece esistenze sempre più chiuse e quindi spente nella passività di un egoismo sempre meno cosciente. Così si stupra a branco, si violentano bambine che intanto si fanno pagare, si spara alle cinque del mattino nella strada principale di una grande città.
Questo deve assolutamente mutare.
Il grande risultato ottenibile perseguendo una nuova logica che dia all’intento ed alla origine una funzione preminente proprio come presupposto base di ogni singola esistenza è la trasformazione del diritto di essere in dovere di essere da percepire come obiettivo unico che nelle coscienze di ognuno sovverta ogni ottica precedente in funzione di un principio che allontani i giovani dall’egoismo del diritto e li avvicini all’altruismo del dovere. Questa è la vera libertà. Chi, come, dove e quando non ha alcuna importanza: quel che conta nella libertà è il perché, il suo intento, la sua origine.
La volontà di una vita nella quale la libertà individuale come diritto inalienabile ed assoluto è garantita solo dalla coscienza che tale diritto è un dovere assoluto di partecipazione attiva alla contemporaneità della realtà che ci circonda, dovere che consapevolmente vogliamo affrontare ogni giorno, giorno per giorno. Questo perché non esiste un dovere del diritto ma solo un diritto al dovere.
FABBRICAWOJTYLA © PATRIZIO RANIERI CIU 2023
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